Imparare a lavorare in team: consigli pratici per collaborare

Imparare a lavorare in team: consigli pratici per collaborare

Imparare a lavorare in team è una delle competenze trasversali più richieste nel mondo del lavoro di oggi. Che si tratti di un contesto aziendale, di un progetto creativo o di una startup, la capacità di collaborare in modo efficace con altre persone può fare la differenza tra il successo e il fallimento. Eppure, nonostante l’apparente semplicità, lavorare in gruppo presenta sfide quotidiane: incomprensioni, divergenze di opinione, ruoli poco chiari, personalità molto diverse. Ma la buona notizia è che la collaborazione si può imparare, migliorare e allenare. Non è un talento innato, ma una skill costruibile nel tempo con consapevolezza, pratica e gli strumenti giusti.

In questo articolo vedremo perché è fondamentale imparare a lavorare in team, quali sono gli ostacoli più comuni e, soprattutto, quali strategie pratiche possiamo adottare per diventare partner affidabili, propositivi e apprezzati in qualsiasi gruppo di lavoro.

Imparare a lavorare in team: molto più di una competenza “soft”

Quando parliamo di lavoro in team, non ci riferiamo solo al saper stare con gli altri. Collaborare in modo efficace significa:

  • Costruire relazioni professionali positive e produttive;
  • Saper comunicare in modo chiaro e assertivo;
  • Condividere obiettivi e responsabilità;
  • Gestire il tempo e le priorità senza creare tensioni;
  • Risolvere conflitti con intelligenza emotiva;
  • Contribuire al successo comune, non solo individuale.

Per questo motivo, imparare a lavorare in team è fondamentale in ogni settore, dal marketing alla sanità, dall’ingegneria all’educazione, fino alle piccole imprese o ai progetti no-profit.

Secondo un report di LinkedIn, le aziende ritengono le abilità collaborative tra le più importanti in fase di selezione del personale, anche più di alcune competenze tecniche. Perché? Perché un bravo professionista che non sa lavorare in squadra può rallentare tutto il gruppo.

Gli errori da evitare quando si lavora in team

Spesso chi fatica a collaborare non lo fa per mancanza di impegno o cattiva volontà, ma per automatismi mentali, abitudini radicate o atteggiamenti poco consapevoli. Il lavoro di squadra richiede infatti un livello di attenzione e maturità relazionale che non sempre viene insegnato o allenato.

Ecco alcuni errori molto comuni, che possono compromettere la coesione e la produttività del gruppo:

  • Parlare troppo… e ascoltare troppo poco: chi monopolizza la conversazione rischia di soffocare le idee altrui. Il confronto costruttivo nasce dal giusto equilibrio tra espressione e ascolto.
  • Assumersi compiti senza poi portarli a termine: prendersi responsabilità senza rispettare le scadenze mina la fiducia reciproca. Meglio promettere meno e fare di più.
  • Voler avere sempre ragione: il bisogno di imporre la propria opinione, anche quando non necessario, crea tensione e chiusura. In un team, spesso è più utile trovare un punto d’incontro che dimostrare di avere ragione.
  • Isolarsi o non comunicare: restare in silenzio per paura, insicurezza o disinteresse indebolisce il lavoro collettivo. Il team funziona solo se tutti partecipano in modo attivo e trasparente.
  • Scaricare colpe anziché prendersi responsabilità: cercare un capro espiatorio quando qualcosa va storto genera malumori e disgrega il gruppo. Un buon team si fonda sulla condivisione degli errori e delle soluzioni.

Imparare a lavorare in team significa anche avere il coraggio di guardarsi allo specchio, mettere in discussione certe abitudini e cambiare prospettiva. Ogni membro ha il potere (e il dovere) di contribuire al benessere del gruppo.

La vera forza di una squadra non sta nell’assenza di difetti, ma nella capacità di riconoscerli, affrontarli insieme e trasformarli in occasioni di crescita. E questo processo inizia sempre da una scelta individuale: quella di evolvere con e per il team.

I pilastri di una collaborazione efficace

Vediamo ora quali sono i principali elementi che permettono a un gruppo di lavorare bene insieme, anche nei momenti di stress o difficoltà.

1. Comunicazione trasparente

La base di ogni collaborazione di successo è una comunicazione chiara, onesta e rispettosa. Ciò significa:

  • spiegare le proprie idee in modo comprensibile;
  • condividere tempestivamente problemi o dubbi;
  • non dare nulla per scontato;
  • evitare fraintendimenti grazie al confronto continuo.

Usa canali adeguati (chat, e-mail, meeting) e ricorda che la comunicazione non è solo verbale: anche il tono, lo sguardo e l’atteggiamento comunicano molto.

2. Ascolto attivo e empatia

Imparare a lavorare in team passa dall’imparare ad ascoltare. Non solo sentire, ma ascoltare davvero, con attenzione, apertura e voglia di comprendere. Questo tipo di ascolto costruisce empatia, rafforza il gruppo e permette di trovare soluzioni più inclusive.

3. Definizione chiara di ruoli e obiettivi

Ogni persona in un team ha bisogno di sapere cosa ci si aspetta da lei. Senza chiarezza, aumentano il rischio di confusione, sovrapposizioni e attriti. Per questo:

  • stabilite insieme obiettivi realistici e misurabili;
  • definite scadenze e responsabilità individuali;
  • verificate periodicamente i progressi.

Una squadra funziona quando ogni membro sa qual è il proprio contributo e come si inserisce nel quadro generale.

4. Fiducia reciproca

La fiducia è la colla invisibile che tiene unito ogni team. Si costruisce con piccoli gesti quotidiani: essere puntuali, rispettare gli impegni, non giudicare, essere disponibili.

Chi si fida lavora meglio, si espone di più, osa proporre soluzioni nuove e condivide idee senza timore. E tutto il team ne beneficia.

Come diventare una risorsa preziosa per il tuo team?

Imparare a lavorare in team significa anche saper diventare una presenza utile, affidabile e positiva all’interno del gruppo. Non basta fare il proprio compito, è l’atteggiamento a fare la differenza. Se vuoi essere percepito come un collaboratore efficace e apprezzato, allenati su questi comportamenti chiave:

  1. Fatti trovare pronto: arriva preparato, con le idee chiare e gli strumenti giusti. Essere puntuali, organizzati e reattivi aiuta il team a procedere con fluidità e fiducia.
  2. Sii flessibile: ogni progetto può cambiare strada. Chi si adatta senza lamentarsi o irrigidirsi diventa un alleato prezioso. La flessibilità è una forma di intelligenza relazionale.
  3. Condividi il merito: riconosci pubblicamente il contributo degli altri. Evita protagonismi e ricorda che imparare a lavorare in team significa anche celebrare i successi condivisi.
  4. Offri supporto: se vedi un collega in difficoltà, fatti avanti. Anche un piccolo gesto può alleggerire la pressione e migliorare il clima nel gruppo.
  5. Accetta il feedback: prendi le critiche costruttive come occasioni per crescere, non come attacchi personali. Chi sa accogliere un punto di vista diverso diventa una risorsa più forte.

Imparare a lavorare in team è un investimento potente, che porta benefici su tutti i fronti: personale, professionale, relazionale. Sviluppare questa capacità significa diventare più consapevoli, aperti, responsabili e collaborativi. Non importa da dove parti: con costanza e volontà, puoi diventare una colonna portante per ogni gruppo di lavoro.

In un’epoca in cui la connessione tra le persone è fondamentale, saper collaborare in modo autentico e produttivo non è solo utile: è indispensabile.

5 consigli per migliorare la comunicazione al lavoro

5 consigli per migliorare la tua comunicazione al lavoro

La comunicazione al lavoro rappresenta uno degli elementi centrali per il buon funzionamento delle dinamiche aziendali. Dalla chiarezza con cui si condividono obiettivi e processi, fino alla gestione dei feedback e dei conflitti interni, ogni aspetto della comunicazione contribuisce al clima organizzativo e alla produttività. Eppure, anche nei contesti più strutturati, la comunicazione può rivelarsi inefficace, approssimativa o poco funzionale agli obiettivi. Per questo è essenziale sviluppare competenze comunicative solide, che consentano di interagire in modo chiaro, consapevole e costruttivo.

Di seguito, proponiamo 5 consigli concreti per migliorare la comunicazione al lavoro, rivolti sia a professionisti in ambito operativo che a figure manageriali.

1. Sviluppare una comunicazione assertiva

Essere assertivi significa esprimere le proprie idee, opinioni o esigenze in modo diretto e rispettoso, senza sopraffare gli altri né sminuire se stessi. In ambito lavorativo, l’assertività consente di prevenire incomprensioni, migliorare il confronto e costruire relazioni basate sulla fiducia reciproca.

Una comunicazione assertiva si fonda su tre elementi:

  • Chiarezza: evitare ambiguità e generalizzazioni. Esporre il proprio punto di vista in modo ordinato e comprensibile;
  • Rispetto: considerare il ruolo, le opinioni e le esigenze dell’interlocutore;
  • Equilibrio: mantenere fermezza nel contenuto, ma usare un tono adeguato al contesto.

Allenarsi all’assertività significa anche saper dire di no in modo professionale, esprimere dissenso senza creare tensioni e dare feedback costruttivi.

2. Potenziare l’ascolto attivo

La comunicazione efficace si basa tanto sull’esprimersi bene, quanto sul saper ascoltare. Spesso si sottovaluta quanto l’ascolto incida sul clima collaborativo e sulla qualità delle relazioni.

L’ascolto attivo prevede:

  • Concentrazione totale sull’interlocutore, evitando interruzioni o distrazioni;
  • Verifica della comprensione attraverso domande mirate o parafrasi (“Se ho capito bene, stai dicendo che…”);
  • Attenzione al linguaggio non verbale, che spesso veicola segnali importanti.

In team o in riunione, ascoltare con reale attenzione permette di cogliere esigenze, anticipare problemi e promuovere una comunicazione più empatica e inclusiva.

3. Adottare un linguaggio chiaro e professionale

La qualità del linguaggio utilizzato incide direttamente sull’efficacia della comunicazione al lavoro. Ogni messaggio, sia orale che scritto, deve essere strutturato in modo coerente con il contesto e con gli obiettivi.

Ecco alcune buone pratiche:

  • Precisione terminologica: usare parole appropriate, evitando tecnicismi superflui o espressioni vaghe;
  • Struttura logica: organizzare i contenuti in modo lineare, partendo dai punti principali;
  • Registri adeguati: modulare il tono in base al canale (email, riunione, report) e all’interlocutore (collega, cliente, dirigente).

Un linguaggio professionale non è freddo, ma misurato, consente di essere incisivi senza risultare invadenti, autorevoli senza apparire rigidi.

4. Adattare il proprio stile comunicativo al contesto

Una comunicazione efficace richiede flessibilità. Non è possibile utilizzare lo stesso stile in ogni situazione, perché ogni contesto lavorativo presenta caratteristiche specifiche: il tono da usare in una riunione strategica non sarà lo stesso di una comunicazione informale tra colleghi.

Per adattare lo stile in modo efficace, è utile considerare:

  • Il tipo di relazione: parlare con un superiore, un collaboratore o un cliente richiede approcci diversi;
  • Il canale comunicativo: l’email richiede una maggiore accuratezza rispetto alla messaggistica istantanea;
  • La cultura organizzativa: in contesti più formali, è opportuno mantenere uno stile più istituzionale. In realtà più dinamiche, può essere apprezzata una maggiore spontaneità, pur sempre entro limiti professionali.

Essere in grado di leggere il contesto e rispondere in modo coerente aumenta l’efficacia dei messaggi e la propria capacità di influenzare positivamente gli altri.

5. Gestire i momenti critici con comunicazione costruttiva

La comunicazione al lavoro non riguarda solo la trasmissione di informazioni, ma anche la gestione dei momenti complessi: divergenze, fraintendimenti, feedback negativi. In queste situazioni, è fondamentale mantenere un approccio lucido e orientato alla soluzione.

Ecco alcune strategie:

  • Separare il problema dalla persona: evitare attacchi personali, concentrandosi su comportamenti o risultati;
  • Esporre i fatti con oggettività: basarsi su dati concreti piuttosto che su percezioni soggettive;
  • Proporre soluzioni: oltre a segnalare criticità, è fondamentale proporre possibili vie d’uscita;
  • Coinvolgere l’interlocutore: chiedere il suo punto di vista, favorendo un confronto collaborativo.

Una comunicazione costruttiva consente di affrontare i conflitti in modo maturo, prevenendo escalation e rafforzando la collaborazione all’interno del gruppo di lavoro.

La comunicazione al lavoro è un elemento strategico per la crescita professionale, la qualità delle relazioni e l’efficienza dei processi. Non si tratta solo di “parlare bene”, ma di saper costruire relazioni basate sulla fiducia, sull’ascolto e sulla capacità di affrontare anche le situazioni complesse con equilibrio e consapevolezza.

Investire nello sviluppo delle competenze comunicative rappresenta sempre un valore aggiunto.

Vuoi cambiare lavoro? Parti da queste competenze

Vuoi cambiare lavoro? Parti da queste competenze

Cambiare rotta nella propria carriera è un’aspirazione comune, ma spesso ci si sente persi di fronte all’enormità del passo. Non si tratta solo di aggiornare il curriculum o di inviare candidature a pioggia. La chiave per un cambiamento di lavoro efficace e gratificante risiede nello sviluppo e nella valorizzazione di specifiche competenze, alcune delle quali potrebbero sorprenderti. Per affrontare il mercato odierno, in continua evoluzione, non basta essere esperti nel proprio settore. Le aziende cercano persone che sappiano muoversi con agilità tra innovazione, tecnologia e relazioni umane. Non basta più essere bravi tecnicamente: servono anche doti trasversali, capaci di fare la differenza in ogni contesto. Ecco le competenze chiave da coltivare se desideri cambiare lavoro e farlo con successo.

1. Pensiero critico e Problem solving

Queste due capacità vanno di pari passo e sono richieste in ogni contesto, dal settore tecnologico alla pubblica amministrazione. Quando decidi di cambiare lavoro, sviluppare il pensiero critico è fondamentale.

Il pensiero critico è l’abilità di valutare informazioni, dati e situazioni in modo oggettivo, evitando pregiudizi o automatismi. Vuol dire analizzare una proposta, individuare eventuali incoerenze, capire se c’è qualcosa che non torna.

Il problem solving, invece, è la capacità di trovare soluzioni efficaci a problemi concreti — anche sotto pressione. Non basta rispondere con “si è sempre fatto così”. Serve creatività, spirito d’iniziativa e la capacità di scegliere tra diverse opzioni nel minor tempo possibile.

  • Esempio pratico: Se in azienda viene introdotto un nuovo software gestionale che rallenta i processi, un problem solver non si limita a lamentarsi. Analizza l’uso reale dello strumento, raccoglie feedback e propone miglioramenti concreti.

2. Adattabilità e Flessibilità

Nel lavoro moderno, la routine è l’eccezione. Ogni settore è soggetto a rapidi cambiamenti: nuove tecnologie, riorganizzazioni aziendali, nuovi modelli di business.

Se vuoi cambiare lavoro, essere adattabili significa non irrigidirsi di fronte al cambiamento, ma affrontarlo come un’occasione di crescita. Chi possiede questa soft skill riesce a cambiare priorità, ruolo o metodologia senza perdere motivazione o lucidità.

La flessibilità non è solo mentale, ma anche organizzativa. Saper lavorare in presenza, da remoto o in ambienti ibridi è ormai indispensabile.

  • Esempio pratico: Un copywriter abituato alla scrittura long form che si adatta alla comunicazione su TikTok o Instagram Reels, imparando nuove regole e linguaggi.

3. Competenze digitali

Non esistono più settori completamente analogici. Anche i mestieri più “tradizionali” (insegnanti, avvocati, commercialisti, artigiani) oggi richiedono una familiarità con gli strumenti digitali.

Per chi vuole cambiare lavoro, le competenze digitali sono sempre più imprescindibili. Parliamo di:

  • Padronanza del pacchetto Office (Word, Excel, PowerPoint);
  • Conoscenza di strumenti di collaborazione (Google Workspace, Slack, Notion);
  • Utilizzo di CRM, gestionali e software specifici per il proprio ambito;
  • Capacità di leggere dati, usare strumenti di analytics o fare piccole automazioni;
  • Conoscenze base di sicurezza informatica (come proteggere i propri account e dati sensibili).

4. Comunicazione efficace

La comunicazione è la colonna portante di ogni ambiente lavorativo sano ed efficiente. Ma non si tratta solo di saper parlare: si tratta di trasmettere messaggi in modo chiaro, rispettoso ed efficace, scegliendo i canali giusti e i toni adeguati.

Se vuoi cambiare lavoro, la capacità di comunicare efficacemente aumenta le tue possibilità di essere notato e apprezzato.

Scrive email professionali e comprensibili;

  • Sa ascoltare e riformulare;
  • Presenta progetti con chiarezza, senza fronzoli;
  • Riesce a gestire disaccordi con assertività.

La comunicazione efficace comprende anche la comunicazione visiva e interculturale, indispensabili in contesti internazionali o inclusivi.

  • Esempio pratico: Un project manager che riesce a presentare l’andamento del progetto al cliente in modo semplice, anche se i dati sono complessi e tecnici.

5. Intelligenza emotiva

In un mondo lavorativo sempre più interconnesso, la gestione delle emozioni e la comprensione di quelle altrui diventano fondamentali. L’intelligenza emotiva si esprime attraverso empatia, ascolto, autocontrollo e capacità di risolvere i conflitti in modo costruttivo.

Chi la possiede:

  • Gestisce meglio lo stress e le frustrazioni;
  • Rafforza i rapporti con colleghi e superiori;
  • Ha maggiori possibilità di essere considerato per ruoli di leadership.

Esempio pratico: Durante una riunione tesa, chi ha intelligenza emotiva nota che un collega sta evitando lo sguardo o si mostra infastidito. Invece di ignorarlo, lo coinvolge attivamente e contribuisce a riportare la calma.

6. Proattività e Autonomia

In ogni azienda, ci sono due tipi di collaboratori: quelli che aspettano istruzioni, e quelli che trovano da fare, propongono idee, prendono iniziative.

Se vuoi cambiare lavoro con successo, la proattività è una dote molto apprezzata perché alleggerisce la gestione da parte dei superiori e porta valore aggiunto all’intero team.

L’autonomia, invece, riguarda la capacità di lavorare in modo indipendente, organizzarsi, raggiungere obiettivi anche senza supervisione continua.

  • Esempio pratico: Un assistente amministrativo che, notando ritardi nella gestione dei rimborsi spese, propone un nuovo flusso approvativo per snellire il processo.

7. Gestione del tempo e delle priorità

Sapere cosa fare — e quando farlo — è una competenza cruciale. L’abilità di organizzare le proprie attività, evitare le distrazioni, rispettare le scadenze e pianificare in anticipo è ciò che ti consente di affrontare carichi di lavoro intensi con lucidità.

Ma non basta saper “fare tutto”: serve anche definire le priorità. La matrice di Eisenhower, la tecnica del pomodoro, il time blocking, sono tutti strumenti pratici che puoi imparare per migliorare questa skill.

  • Esempio pratico: In una giornata con 6 riunioni e 10 task in lista, chi sa gestire il tempo delega alcune attività e ne posticipa altre meno urgenti, concentrandosi prima su quelle più strategiche.

Come puoi sviluppare queste competenze per cambiare lavoro?

Sapere quali competenze servono è un ottimo inizio, ma per ottenere risultati è fondamentale allenarle sul campo.

Ecco alcune strategie semplici ed efficaci per farlo:

  • Formazione: partecipa a corsi di formazione, sia online che in presenza. Sono flessibili, spesso certificati, e ti permettono di acquisire competenze tecniche e trasversali utili in ogni contesto professionale.
  • Esperienza diretta: Cerca occasioni pratiche, collabora a progetti extra, partecipa a hackathon, entra in community professionali o offriti per piccoli incarichi in nuovi ambiti. Imparare facendo è spesso il modo più efficace.
  • Coaching e mentoring: Trovare un mentor o un coach può fare la differenza. Avere una guida esterna ti aiuta a fare chiarezza, ricevere feedback e individuare opportunità di crescita che da soli si rischia di non vedere.
  • Auto-riflessione costante: Scrivi un diario delle competenze, annota i tuoi progressi, raccogli i feedback ricevuti.
  • Conoscere i propri punti di forza (e le aree da migliorare) è essenziale per crescere in modo consapevole.
  • Allenare le soft skill nella vita reale: Anche un hobby può diventare palestra di competenze. Fare volontariato, gestire un gruppo sportivo, organizzare eventi o attività creative ti aiuta a sviluppare leadership, empatia, comunicazione e gestione del tempo.

Cambiare lavoro è un percorso che parte dalle competenze e dalla consapevolezza di ciò che si può offrire al mercato. Inizia con un bilancio delle tue soft e hard skills, individua le aree da rafforzare, e agisci con costanza.

Il futuro lavorativo non premia solo i più competenti, ma i più capaci di imparare, adattarsi e relazionarsi!

Come diventare organizzatore di eventi - La figura del DGE

Come diventare organizzatore di eventi – La figura del DGE

Nel mondo di oggi, dove la cura dei dettagli e l’impatto emotivo degli eventi giocano un ruolo sempre più centrale per aziende, enti pubblici e privati, la figura dell’organizzatore di eventi è diventata molto richiesta. Che si tratti di fiere internazionali, eventi aziendali o concorsi pubblici, ogni appuntamento di successo nasce da un lavoro preciso fatto di creatività, organizzazione e competenze trasversali. All’interno di questo settore in continua crescita si inserisce anche un profilo manageriale di alto livello: il DGE – Delegato Generale di Evento, responsabile della gestione strategica e operativa dei progetti più complessi. Scopriamo chi è e come diventare organizzatore di eventi, cosa fa, quali competenze servono per svolgere questo ruolo e quanto si può guadagnare, sia come dipendenti che come liberi professionisti.

Chi è l’organizzatore di eventi – DGE?

L’organizzatore di eventi, conosciuto anche come DGE – Delegato Generale di Evento, è il professionista che si occupa dell’ideazione, pianificazione, gestione e realizzazione di eventi, adattandoli agli obiettivi del committente e garantendone il successo.

A seconda del tipo di evento, può operare come freelance, collaborare con agenzie o essere inserito in team aziendali, istituzioni pubbliche o enti culturali.

Quando parliamo di eventi complessi o di grandi dimensioni, la figura si evolve nel DGE – Delegato Generale di Evento, un ruolo che unisce capacità gestionali, leadership e visione strategica, spesso in contesti ad alta visibilità.

Cosa fa un organizzatore di eventi – DGE?

Il lavoro dell’organizzatore di eventi si articola in diverse fasi operative e strategiche, tutte fondamentali per il successo dell’evento. Ecco le principali:

  • Progettazione dell’evento: definizione del concept, degli obiettivi e del target di riferimento;
  • Budgeting: creazione e gestione del budget, scelta dei fornitori, contrattualistica;
  • Logistica e planning: selezione location, gestione allestimenti, trasporti, sicurezza;
  • Comunicazione e promozione: ideazione della strategia di comunicazione, supporti grafici, social media, Ufficio Stampa;
  • Coordinamento operativo: supervisione durante l’evento, problem solving, gestione del personale e dei tempi;
  • Follow-up: valutazione dei risultati, raccolta feedback, redazione di report e analisi del ROI.

Le mansioni dell’organizzatore di eventi

Ecco un riepilogo concreto delle attività svolte quotidianamente per chi desidera diventare organizzatore di eventi:

  • Definizione e pianificazione delle attività;
  • Ricerca e selezione dei fornitori;
  • Coordinamento con partner tecnici e creativi;
  • Gestione pratiche burocratiche e permessi;
  • Supervisione dei contratti e delle clausole;
  • Redazione di check list operative e timeline;
  • Organizzazione del catering e gestione ospiti;
  • Coordinamento delle squadre esterne di accoglienza e vigilanza;
  • Gestione dell’accoglienza, del guardaroba e dei servizi accessori;
  • Creazione dei materiali visivi (inviti, segnaletica, badge);
  • Monitoraggio della comunicazione pre e post evento.

Competenze richieste

Per diventare organizzatore di eventi è necessario possedere una serie di hard e soft skill, vediamo quali:

Hard skill (competenze tecniche)

  • Project Management: capacità di pianificare e monitorare ogni fase dell’evento;
  • Conoscenza delle normative: regolamenti su sicurezza, agibilità, SIAE, privacy;
  • Strumenti digitali: software di gestione eventi, CRM, piattaforme online, tool per design grafico (Canva, Adobe, etc.);
  • Gestione del budget: saper ottimizzare le risorse disponibili;
  • Event marketing: conoscenze base di comunicazione, PR e promozione digitale;
  • Lingue straniere: almeno l’inglese; lo spagnolo o il francese sono spesso un plus.

Soft skill (competenze trasversali)

  • Problem solving;
  • Leadership e gestione del team;
  • Empatia e comunicazione efficace;
  • Multitasking e tolleranza allo stress;
  • Creatività, gusto estetico e attenzione al dettaglio;
  • Flessibilità e adattabilità.

Come diventare organizzatore di eventi – DGE

Non esiste un unico percorso formativo, ma ci sono strade consigliate e competenze fondamentali per costruire una carriera solida.

1. Formazione scolastica e universitaria

Pur non essendo obbligatorio, un percorso di studi in una delle seguenti aree può fornire una buona base:

  • Scienze della comunicazione;
  • Economia e gestione aziendale;
  • Marketing e pubbliche relazioni;
  • Turismo, spettacolo o discipline umanistiche.

2. Master e corsi specializzati

Per acquisire competenze tecniche e operative, è altamente consigliata la frequenza di corsi professionalizzanti o master, anche online. Alcuni esempi:

  • Master in Event Management;
  • Corso in DGE – Delegato Generale di Evento, Event Designer, Project Management per eventi e molto altro.
  • Molti corsi prevedono stage, progetti pratici o simulazioni di eventi reali.

3. Esperienza pratica e networking

  • Inizia da piccoli eventi locali o universitari;
  • Lavora come assistente presso agenzie di eventi o location;
  • Partecipa a fiere, festival, eventi istituzionali come staff;
  • Costruisci un portfolio e una presenza professionale online;
  • Entra in contatto con altri professionisti attraverso LinkedIn, community e associazioni di settore.

Quanto guadagna un organizzatore di eventi

Lo stipendio di un organizzatore di eventi varia in base all’esperienza, alla tipologia di eventi gestiti, alla posizione geografica e al contratto di lavoro (dipendente o freelance). Ecco una panoramica aggiornata:

a) Organizzatore di eventi come dipendente

  • Junior (0-2 anni): 1.200 € – 1.500 € netti al mensile;
  • Intermedio (3-5 anni): 1.600 € – 2.500 € netti al mensile;
  • Senior/DGE (oltre 5 anni): 2.800 € – 4.000 € e oltre.

Le figure senior o DGE possono ricevere anche bonus legati agli obiettivi raggiunti, al successo dell’evento o alla soddisfazione del cliente.

b) Organizzatore di eventi freelance

Il guadagno dipende dal tipo e dal numero di eventi seguiti:

  • Un freelance affermato, che gestisce in autonomia 3–5 eventi al mese, può raggiungere un guadagno annuo lordo tra i 50.000 € e i 100.000 €, con margini anche superiori se propone servizi integrati (comunicazione, grafica, consulenza marketing).

Diventare organizzatore di eventi è una scelta professionale che richiede passione, determinazione e preparazione, ma che offre grandi soddisfazioni. È un lavoro dinamico, mai monotono, in cui si entra in contatto con persone e realtà molto diverse tra loro, mettendo alla prova ogni giorno le proprie competenze organizzative e creative.

Che tu voglia lavorare in azienda, in un’agenzia o come libero professionista, oggi il settore offre numerose opportunità. Investi nella tua formazione, sviluppa le tue soft skill, costruisci un portfolio credibile e non smettere mai di aggiornarti: è così che si diventa un vero DGE – Delegato Generale di Evento.